I SEGRETI E I SIMBOLI DELLE MILLE MONETE D'ORO
Como - Non arriveranno in città prima della fine del 2022, ma la data potrebbe slittare tranquillamente ai primi mesi del 2023, le monete d’oro ritrovate ormai tre anni fa nel corso dei lavori di demolizione dell’ex Teatro Cressoni. Del tesoro di oltre mille pezzi, alcuni dei quali rarissimi, custodito per oltre 1.500 anni dentro un’anfora di pietra ollare sepolta nel luogo che secoli dopo sarebbe stato occupato dal palcoscenico della storica sala comasca solo una minima parte farà ritorno sul lago, non oltre una cinquantina di pezzi, meno del 2% patrimonio a cui per difetto si è attribuito un valore di 11 milioni di euro. La Giunta a fine dicembre ha dato il via libera al progetto di recupero della Chiesa delle Orfanelle di via Balestra, al piano terra di Palazzo Lucini, parte integrante del Museo Civico ma i tempi di redazione del progetto e la necessità di ottenere il via libera da parte della Soprintendenza, con la supervisione del Ministero della Cultura, hanno reso l’iter ancora più complicato.
Nell’attesa i comaschi potranno rifarsi gli occhi sul portale dell’Agenzia numismatica italiana che ha pubblicato nella sua sezione online un ampio resoconto del ritrovamento con le fotografie di ognuno degli oltre mille pezzi ritrovati. Un passo in più per scoprire il mistero del tesoro, coniato nel periodo degli imperatori Onorio, Valentiniano III, Leone I e Livio Severo, quindi non collocabile oltre il 474 d.c e probabilmente appartenente a una cassa pubblica, un edificio che si trovava molto vicino al foro di quella che allora era Novum Comum, la cui funzione però finora era sfuggita agli archeologi.
Un pool di archeologi, storici, numismatici e scienziati ha studiato ogni aspetto del tesoro, composto da 1.000 solidi e gioielli, ma i segreti da svelare sono ancora tanti. Tra i pochi punti fermi c’è il periodo in cui il tesoro fu sepolto, occultato in un recipiente di pietra ollare deposto in posizione il più possibile verticale in una buca scavata in un punto riconoscibile, per recuperarlo successivamente. In base alle monete ritrovate, la data potrebbe essere compresa tra aprile o luglio del 472 d.C. e il 22 ottobre o il 2 novembre dello stesso anno. Il tesoro è composto da monete con scarsissime tracce di circolazione, e per il 74,4% da monete battute nell’arco di 17 anni, dal 455 al 472 d.C., in larga parte (80,8 %) nella Zecca di Milano. Un’epoca turbolenta per l’Italia settentrionale, dal 470 controllata da Ricimero che, dopo aver rotto i rapporti con il suocero Antemio, si era ritirato a Milano. L’attacco portato contro la città di Roma, posta sotto assedio fra l’autunno 471 e gli inizi del 472, si era risolto con la vittoria di Ricimero e dei suoi alleati, l’uccisione di Antemio e l’elezione di Anicio Olibrio. Chi ha occultato il tesoro a Como probabilmente era legato a Ricimero e poteva temere per i beni di cui disponeva dopo la morte del magister militum e di Anicio Olibrio.
Secondo storici e studiosi l’identikit potrebbe essere quello di un grande possessore, forse di rango senatorio, che aveva la possibilità di vendere il surplus delle produzioni agricole effettuate nei suoi fondi allo Stato e ad altri acquirenti e il cui patrimonio poteva essere compatibile con il possesso di una liquidità di 1.000 solidi oppure un ufficio militare o civile che disponeva di denaro per le spese correnti e straordinarie. Di sicuro chi l’ha sepolto per metterlo al sicuro non è mai riuscito a recuperarlo, forse perché è morto prima.
di Roberto Canali
Il Giorno 14 luglio 2022