IL CASO DELLE MONETE SUL TAVOLO DEL MINISTRO. CHE PERO' NON RISPONDE
Il contenzioso. In commissione cultura alla Camera la vicenda del premio per il ritrovamento del tesoro Alessio Butti: "Dal ministero atteggiamento arrogante"
Sulla vicenda del premio che il ministero dei Beni culturali dovrebbe corrispondere per il ritrovamento delle mille monete romane di via Diaz, pende da qualche settimana anche un'interrogazione rivolta al ministro dal deputato comasco di Fratelli d'Italia Alessio Butti, che l'ha firmata assieme al collega Federico Mollicone, capogruppo in commissione cultura. L'interrogazione è l'approdo di un iter che ha già registrato un fitto scambio di corrispondenza sia con il ministro Dario Franceschini sia con il suo capo di gabinetto Lorenzo Casini, «l'uno e l'altro - dice Butti - attenti e disponibili». Cosa, allora, non ha funzionato?
Il premio e la perizia
«L'apparato ministeriale ha assunto fin dall'inizio un atteggiamento molto arrogante. Non è possibile - dice il deputato comasco -che il privato si rivolga a un perito per avere una valutazione seria e oggettiva del valore di queste monete e lo Stato replichi con una stima dieci volte inferiore, peraltro senza giustificarla. Il rischio concreto è quello che d'ora innanzi qualunque costruttore che si imbatta in un reperto archeologico, scelga di tacere, magari per portarsi vie anfore e tesori e per rivenderli in un mercato nero floridissimo, in cui chi acquista paga fior di milioni».
Butti e Mollicone puntano il dito contro Federica Galloni, il funzionario ai vertici della Direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del ministero: «Finora non ha risposto alla nostra interrogazione ma noi siamo seriamente intenzionati ad andare fino in fondo. Le monete del Cressoni rappresentano quanto di più prezioso si possa immaginare anche da un punto di vista del marketing del turismo culturale».
Sulla vicenda, lo ricordiamo, incombe il ricorso al Tar presentato da Officine lmmobiliari, la srl che lavorava nel cantiere di via Diaz quando nel settembre del 2018 le monete vennero ritrovate e alla quale dovrebbe spettare il premio riservato, per legge, a chi rinvenga reperti archeologici di valore nel sottosuolo di una sua proprietà. L'imprenditore Saba Dell'Oca aveva incaricato di una valutazione il numismatico Arturo Russo, forse il massimo esperto mondiale in materia di monete antiche. Russo aveva stabilito che la collezione vale tra i 9 e gli 11 milioni di euro. Federica Galloni, dal ministero, a marzo aveva replicato con una stima di circa 3 milioni e 900mila euro, fissando nella somma di 369mila euro la ricompensa da corrispondere in base alla legge che prevede un "premio" «non superiore al 25% del valore» delle opere ritrovate. In questo caso, quei 369mila euro rappresenterebbero più o meno il 9% della valutazione ministeriale, con nessuna cura per le spese sostenute da Dell'Oca e dalla sua società per venire incontro, in sede di scavo, alle esigenze della soprintendenza (alla fine l'operazione costò alla srl circa 400mila euro).
C'è però un altro dettaglio che dice parecchio di quanto al ministero (non) conoscano la legge. La direzione generale, infatti, vorrebbe che quei 369mila euro fossero da intendersi al lordo di una ritenuta alla fonte a titolo di imposta corrispondente al 25% del valore del premio, vale a dire a 92mila euro e spiccioli.
La tassa sul credito di Imposta
La faccenda è un po' tecnica ma di fatto è come se a Roma avessero equiparato il "premio" per il ritrovamento delle monete romane a un qualunque premio derivante da una lotteria o da un gratta e vinci, applicando alla pratica la disciplina di "gioco e scommesse". E dimenticando che la legge di istituzione di queste ricompense mette a disposizione del beneficiario due strade: moneta sonante, vale a dire "cash", oppure la garanzia di un credito di imposta pari all'ammontare dell'intero importo del premio. In altre parole vorrebbero tassare anche uno sconto fiscale.
s. Fer.
La Provincia di Como 07 luglio 2021